I cheloidi sono formazioni di tessuto ipertrofico che tendono a superare i limiti della ferita sulla quale hanno cominciato a svilupparsi in seguito al processo cicatriziale. Evidentemente c’è un meccanismo che innesca la formazione di una cicatrice “patologica”, invece di quella normale. Sappiamo che alcune razze (negroidi), sono più soggette, come alcune sedi corporee, ad es. zona pettorale, spalle e area deltoidea.. I problemi legati al cheloide possono essere estetici e/o funzionali, a seconda delle aree cutanee colpite.
Le cicatrici cheloidee sono molto difficili da trattare, in quanto, se si interviene chirurgicamente per rimuoverle, il tessuto cicatriziale torna a riformarsi, a volte anche in modo superiore rispetto a prima. Un’altra possibile soluzione, consiste nell’infiltrazione, all’interno del cheloide, di particolari farmaci a base di cortisone che, comunque, non determinano la rimozione del cheloide ma esclusivamente una sua riduzione. Esistono in commercio pomate e/o cerotti particolari che rilasciano sostanze che possono migliorare il cheloide, con meccanismo compressivo e farmacologico.
Tuttavia, per ridurre la dimensione delle cicatrici cheloidee la metodica più utilizzata ed efficace risulta essere il laser, un trattamento che consente di ottenere risultati accettabili dopo diverse sedute.
I laser utilizzati per la rimozione delle cicatrici cheloidee sono, generalmente, il Dye laser e il laser KTP: entrambi agiscono sui pigmenti rossi e attaccano principalmente l’emoglobina che si concentra nella cicatrice. Per ottenere buoni risultati, quindi, è possibile effettuare più sedute, ognuna a distanza di un adeguato periodo di tempo dalla precedente, in modo da attaccare ripetutamente la cicatrice e ridurla sempre di più. Tali apparecchi permettono di chiudere progressivamente i vasi che “nutrono” il cheloide, con un meccanismo non ablativo, al fine di riuscire ad abbassarlo e schiarirlo. Il beneficio che si ottiene è perciò evidente sul piano clinico ed estetico.
